ALLA POESIA

Se visitando quest’umile e meravigliosa Terra;
se errando tra templi con entro le mura
Dii a figura d’uomini, o per boschetti,
o foreste, spontanee creazioni celesti;
se la gran ferocia, la brutta povertà,
l’età barbara della moderna tecnologia,
più prossima alla selvatichezza che alla civiltà,
non mi faranno uscire di senno, non
lascerò agli altri ogni pensiero.
Allora, invidierò l’età arcaica senza educazione,
senza progresso, in cui l’uomo si moltiplicava
con disordine e dì scorrevano in primitiva
rozzezza e, mentre ognuno invecchiava, rimaneva fanciullo.
Beata era l’inconsapevolezza della morte,
della perversione e della infermità.
Ed l’io, privo del pensiero, spasmo cerebrale,
al comando cieco dell’istinto e della natura,
non commetteva colpa, non provava dolore,
né nevrosi alcuna. Non avvertendo la fine,
oscurava paura e pianto, né contendeva
l’altrui bisogno. Così, con nulla da dare
o perdere, a tutti era uguale e non temeva,
né comandava, né serviva, né sentiva
bisogno di alcuno Stato. Senza ambizioni,
ansie e rimorsi, non si prestava al culto,
alla famiglia, alla proprietà e per nessuna
cosa si dava pensiero. Ora che la moderna
società ci ha resi schiavi, a tutti si comanda,
a tutti s’obbedisce, e la perfidia regna
sovrana sulle cose.
Solo tu conservi antichi sapori, piccola
stella di un universo ormai spento,
faro luminoso nella notte buia, unica
testimone del nostro sentire:
Poesia non abbandonarmi.
           

Pubblicata su Cronache Italiane- Latinas  n. 8- 1998